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Arriva in Italia la Cannabis contro il dolore


Prenderà il via all’ ospedale Molinette di Torino e al policlinico Umberto I di Roma la sperimentazione della cannabis come terapia del dolore.
Ottanta italiani, quaranta per ogni centro, saranno scelti tra i malati di cancro ai polmoni, alla prostata e al pancreas. Per un periodo che andrà dalle 12 alle 20 settimane, i pazienti seguiranno all’interno dei centri ospedalieri una terapia che prevede la somministrazione per via orale di compresse a base di canapa indiana.
La dottoressa Rosanna Cerbo, responsabile del centro di medicina del dolore del policlinico Umberto I, ha evidenziato che l’obiettivo prefissato è quello di mettere a punto un protocollo terapeutico standard su pazienti ospedalizzati costantemente monitorati. La terapia non parte però come sperimentazione ministeriale e le compresse utilizzate verranno fornite gratuitamente da due case farmaceutiche. Il protocollo di sperimentazione messo a punto dai due centri ospedalieri ha comunicato che la terapia riguarderà esclusivamente i pazienti oncologici. In Italia i derivati della cannabis sono già usati in terapie contro malattie come sclerosi multipla, epilessia, sindromi post-traumatiche e soprattutto dolori cronici.
“Questo test e’ troppo importante’’ spiega la dottoressa Rosanna Cerbo ‘’ e in futuro bisognerà dare la giusta attenzione anche al dolore non oncologico dal momento che in Italia ne soffrono quasi 14 milioni di persone e lo studio sulla cannabis potrà aprire nuovi scenari di cura’’
‘’Bisogna tenere presente che il dolore è accompagnato da altri sintomi come la nausea, il vomito, la depressione e l’ anoressia – spiega Anna De Luca, primario del reparto di cure palliative delle Molinette – e i pochi studi esistenti sull’ uomo attestano che la cannabis cura anche gli stati di malessere generale collegati al dolore’‘.
Fino agli inizi del secolo scorso il cosiddetto «problema della droga» non esisteva.
Come ha scritto Duster, «chiunque poteva andare dal farmacista sotto casa e comperare qualche grammo di eroina o di morfina solo per pochi penny, senza bisogno di una ricetta medica (…) Ciò accadeva nel 1900, negli Stati Uniti d’America». Per dirla diversamente, il consumo di droghe non era né un argomento giuridico, né una pratica che suscitava particolari clamori sotto il profilo etico. Anzi, alcune droghe assumevano nell’immaginario collettivo le sembianze di autentici «toccasana». Si pensi, ad esempio, a quanto affermò il medico personale della regina Vittoria, Sir John Russel Reynold, nel 1890: «Se pura o somministrata con scrupolo, la canapa indiana è una delle medicine più valide che possediamo»
A partire dai primi del 1900, però, il consumo di alcune sostanze psicoattive comincia ad essere percepito come un’azione immorale, una sorta di vero e proprio «flagello» da cui difendersi con ogni mezzo. Quest’idea, tanto per cambiare, nasce negli Usa; e, tanto per cambiare, rapidamente si propaga oltreoceano. Le prime sostanze ad essere proibite sono i derivati dell’oppio e la cocaina, con l’«Harrison Act» approvato nel 1914, a cui seguirà la parentesi proibizionista sugli alcolici, il «nobile esperimento» in vigore dal 1919 al 1933.
Inizialmente, dunque, la cannabis non viene travolta dall’ondata proibizionista. Ma si tratta di aspettare soltanto pochi anni. Con l’approvazione del Marijuana Tax Act nel 1937, infatti, anche la cannabis finisce nella «lista nera» e inizia così una nuova fase delle politiche antidroga. This contributes the overall algebra homework help performance and cost benefit of the site

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