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Legge truffa, battaglia alla Camera. Il governo la blinda al Senato


È il giorno della “legge truffa” nell’aula di Montecitorio. La maggioranza segna dei timidi risultati, ricorre a due votazioni segrete, Berlusconi perde la pazienza di fronte all’incalzante battaglia dell’opposizione, si fa male a un piede, poi si addormenta in aula, ma alla fine svegliato dai suoi si dice soddisfatto. La battaglia non è finita martedì alle 20 e 30 ma la prima giornata non ha segnato importanti vittorie per l’Unione. Prodi definisce la giornata «triste, per il Paese». Il “cecchinaggio” del Polo per controllare la presenza di franchi tiratori ha funzionato, anche se non è detto che sia sempre così. E infatti in un vertice del pomeriggio viene deciso di blindare la riforma al Senato.

Dopo la manifestazione di domenica, l’opposizione continua la battaglia a colpi di emendamenti. L’Unione, nel vertice di lunedì pomeriggio con Romano Prodi, ha concentrato l’attenzione sui possibili franchi tiratori. Ecco allora una valanga di emendamenti: 540, dopo gli accorpamenti ne sono stati ammessi 156. Se approvati, scardineranno l’impianto della legge. Ma c’è anche un emendamento della Cdl per il miglior perdente che arriva sotto la soglia del 2%.

Lo scontro in aula
Alla prima prova maggioranza quasi compatta: respinte, a scrutinio segreto, le due pregiudiziali di costituzionalità presentate dall’opposizione. Sulla prima votazione i sì sono stati 270, 326 i no, nella seconda 272 i sì e 325 i no. L’Unione calcola cinque “franchi tiratori” nella Cdl: «In Aula sono presenti e votanti 330 parlamentari della Cdl – calcola il diessino Pietro Ruzzante – e nella seconda votazione solo 325 hanno votato contro».

Già all’inizio della seduta la tensione appare altissima. Dario Franceschini della Margherita attacca leggendo una citazione di Berlusconi, una dichiarazione del 14 settembre 2000, quando l’allora leader dell’opposizione si disse «certo» che il Capo dello Stato non avrebbe firmato «mai» una riforma elettorale votata da un parlamento «nei numeri» non più rappresentativo e contro «l’interesse» della minoranza. Il premier, giunto a Montecitorio per tenere sotto controllo la sua maggioranza, si inalbera e grida: «È falso, è falso». E si prende persino una storta a un piede, nell’enfasi. Casini invoca «una bella calmata». Appare difficile.

Nel pomeriggio infatti è lo stesso Pierferdinando Casini che si scalda con il ministro delle Riforme Calderoli a proposito del voto segreto, che secondo Calderoli «tanto segreto non è» e che invece per il presidente è «segreto al 101 percento». Il vicepremier Gianfranco Fini intanto arriva nel pomeriggio a incitare “le truppe” con iniezioni di ottimismo.

Nella maggioranza proprio Berlusconi, incassati i primi voti positivi squilla la tromba. Scartate le osservazioni del Qurinale: «Sono rilievi su cui anche noi già avevamo posto l’attenzione e si era già modificato ogni singolo punto». Avanti tutta: «Si dovrà spiegare con grande sempicità agli elettori italiani che questo sistema elettorale è quello più aderente alla volontà dei cittadini». A dar man forte ecco la chiamata alle armi del vicepremier Gianfranco Fini, fino a ieri sostenitore convinto del maggioritario: «La maggioranza sarà in grado di approvare la riforma e questo non rappresenta certo come dice sinistra nè un vulnus alla democrazia, nè uno stravolgimento delle regole».

I primi voti, tuttavia, non scoraggiano l’opposizione: «Se c’era un voto blindato in cui ognuno si sentiva spiato e controllato era questo – sostiene Piero Fassino – Siamo all’inizio della battaglia e la condurremo tutta».

Tutto dipende dai “franchi tiratori”
Sì, la battaglia è lunga. A decidere il futuro della legge truffa saranno i voti a scrutinio segreto. Sui riottosi deputati della Cdl si è concentrato il fuoco incrociato della vigilia: chi blandisce e chi minaccia. Francesco Rutelli fa di conto: per affossare la riforma di voti ne servono davvero pochi. «Ci bastano 30 franchi tiratori per creare dei problemi» sottolinea il leader della Margherita. «Loro, in questo momento, hanno una maggioranza ristretta. Sulla carta hanno 60 persone in più, ma se iniziamo a togliere le 8 persone del gruppo misto che hanno lasciato al CdL e che sicuramente non voteranno la loro legge, le cose iniziano ad essere più facili. Non c’è una situazione per cui ci vogliono cinquanta-cinquantacinque franchi tiratori per vincere, ne bastano una trentina e forse anche di meno». Antonio Di Pietro li incalza, li invita a farsi avanti proteggendosi «dal tiro dei cecchini» per evitare una riforna «da repubblica del Turkmenistan».

Romano Prodi, intanto, punta il dito: «I parlamentari che in passato hanno votato una riforma della legge elettorale in prossimità della scadenza della legislatura sono sempre stati puniti dagli elettori». Un vero e propri anatema. Così come quello rivolto dal forzista Fabrizio Cicchitto ai suoi stessi colleghi di partito: «Nessuno è proprietario del proprio collegio. Se non passa la legge ridiscuteremo proprio i collegi sicuri».

Passa l’articolo primo

Alla ripresa delle votazioni nel pomeriggio senza franchi tiratori a scrutinio segreto, l’aula respinge la proposta dell’Unione di sopprimere il primo articolo, quello che modifica in senso proporzionale il sistema di elezione della Camera.
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