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“I medici dicevano che non ce l’avrei fatta, io capivo”


Catania, l’uomo, 38 anni, era rimasto vittima di un incidente in vespa
Si è risvegliato e torna a parlare. Il fratello disse: aiutatelo o stacco la spina
Torna a vivere dopo 2 anni di coma
“Sentivo tutto, e piangevo disperato”
La prima parola pronunciata è stata “mamma”. Per curarlo una lunga battaglia

CATANIA - In via Brancati 14, nel centro di Catania, gridano al miracolo. Quella casa al primo piano dove abita Salvatore Crisafulli, 38 anni, tornato a “vivere” dopo due anni di coma, è diventata meta di pellegrinaggio. Vicini, sconosciuti e naturalmente giornalisti, vogliono toccare con mano e vedere quell’uomo che tre giorni fa, all’improvviso, ha ricominciato a parlare. Quel pomeriggio, intorno alle 16,30, Salvatore è scoppiato a piangere ed a pronunciare, lentamente “mamma” e “Petru”, il nome del fratello, Pietro. E tutti, in quella casa hanno gridato al miracolo perché Salvatore sarebbe ritornato a “vivere”, a sentire ed a capire.

Salvatore è stanco, è coricato su un letto particolare nella sua stanza trasformata in una sorta di sala con macchinari e computer che in questi due anni lo hanno fatto sopravvivere. Sulla parete la famiglia ha attaccato le immagini di Sant’Agata che è la santa protettrice di Catania, quella di Padre Pio, un crocifisso, una sciarpa della squadra di calcio della città e una foto di Storace, il ministro della Salute.

Salvatore, entrato in coma l’11 settembre di due anni fa dopo un incidente con la Vespa, parla lentamente e con fatica. Da quando il sito Tgcom ha rivelato che parla e capisce, il suo telefono di casa squilla in continuazione. Risponde quasi sempre il fratello Pietro che per salvare Salvatore, la scorsa primavera non aveva esitato a fare azioni eclatanti minacciando anche di “staccare la spina”. E Salvatore, che in questi due anni di coma avrebbe sempre udito e capito, adesso, riferisce il fratello Pietro, ha cominciato a parlare. Ha detto: “Sono vivo per mio fratello, i medici dicevano che non ce l’avrei mai fatta, ma io sentivo e capivo tutto e, per la disperazione piangevo”.

L’uomo ritornato a vivere è febbricitante, si stanca a parlare. Pronuncia la parola “mamma” con molta difficoltà, nella sua stanza ci sono giornalisti, operatori televisivi e quando gli viene chiesto cosa ricorda di questi due anni trascorsi senza riuscire a dire una parola, Salvatore si rimette a piangere e risponde, con un “sì”, che ricorda “tutto”, le preoccupazioni dei suoi genitori e dei suoi figli, tutti i “viaggi della speranza” in giro per l’Italia ed anche all’estero.

Il fratello Pietro, la madre Angela ed il padre Ottavio di 70 e 71 anni, non lo lasciano mai. Lo abbracciano, lo baciano. “È stato un miracolo – dice il fratello Pietro, che per seguirlo ha lasciato il lavoro in Toscana – e la prima parola che ha detto è stata mamma, poi ha pronunciato anche il mio nome e quello degli altri familiari. Per mio fratello ho fatto l’impossibile, non mi sono mai arreso e se sono ricorso alle azioni eclatanti era perché ero convinto che Salvatore potesse tornare a vivere. I nostri appelli per fortuna sono stati raccolti e dove ringraziare il ministro Storace e l’assessorato regionale alla sanità, che hanno fatto in modo che mio fratello potesse disporre di macchinari adeguati per sopravvivere e per vivere”.

C’è però chi proprio non vuole sentire parlare di miracolo. È il professor Sergio Pintaudi, responsabile del reparto di rianimazione dell’ospedale Garibaldi di Catania, dove Salvatore fu ricoverato dall’11 settembre al 29 ottobre del 2003. “Da noi arrivò in uno stato severo e acuto, poi fu trasferito a Messina in uno stato di non contattabilità, ma non in coma vegetativo”. Das große ziel der menschen, die in eine gemeinschaft eintreten, ist der genuss ihres https://bachelorschreibenlassen.com eigentums in freiheit und sicherheit, und das große instrument und die mittel dazu sind die gesetze, die in dieser gesellschaft erlassen werden

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