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La Germania va a sinistra (il governo no)


I risultati del voto di domenica hanno provocato un vero terremoto in Germania smentendo tutte le previsioni annunciate e gettanto nel panico gli analisti. Dopo tre mesi di campagna elettorale i due contendenti sono alla pari. In tutti i sensi. Angela Merkel e Gerhard Schroeder si sono entrambi infatti proclamati vincitori, tutti e due si sono auto nominati cancellieri, tutti e due hanno definito l’altro il grande perdente.

Ma la realtà è che nessuno dei due ha vinto. Quel che si può dire di certo è che le elezioni tedesche hanno sancito delle veritá che sono difficili da gestire. Innanzittutto un paese spaccato a metà, dove l’elettorato si è trovato prigioniero più delle cose non annunciate che quelle professate nei programmi elettorali. Schroeder non ha saputo convogliare sul suo partito quella parte di elettori che lo avevano scelto nel 2002. Si è difeso attaccando, ma non è bastato. Le riforme economiche promosse dal suo governo hanno pesato troppo sui cittadini tedeschi e non hanno prodotto altro che una disoccupazione record. Per non dire di un partito, la Spd, in drammatica crisi e che si prepara ad una resa dei conti dolorosa.

Lo stesso si può dire della grande sconfitta Angela Merkel. La leader dei Democratici cristiani ha buttato al vento un margine di vantaggio di quasi 20 punti professando riforme che hanno spaventato piú che convinto. Una su tutte la riforma fiscale sponsorizzata da un oscuro professore che ha da sola fatto scappare gli elettori dalle urne. Stessa sorte per i Cristiano sociali di Stoiber, che per la prima volta subisce l’onta di scendere sotto il 50% nella sua roccaforte, la Baviera. Perdente è anche il sistema dei media tedeschi che hanno bombardato gli elettori mettendoli in guardia dal rischio di una “Grosse Koalition”, ottenendo esattamente quello che hanno paventato.

Ma dalle elezioni escono anche dei vincitori. Sicuramente i rappresentanti del Fdp, il partito dei liberali che cavalcando riforme neoliberiste piú chiare hanno saputo convincere piú degli pseudo alleati della Cdu, ottenendo il loro miglior risultato con un 10% di voti che lo pone al terzo posto. Può considerarsi vincitore Joschka Fischer, che praticamente da solo ha garantito la sopravvivenza dei Verdi. Ma soprattutto vince la sinistra radicale di Die. Linke-Pds che rappresenta la vera novitá della politica tedesca. Il successo del partito guidato da Lafontaine, Gysi e Bisky è stato costruito sulla capacità di raccogliere favori non solo nelle regioni ad est, attestati intorno al 26%, ma nell’aver registrato notevoli successi nelle grandi cittá ad ovest, sfiorando la soglia del 5%. Il loro successo sancisce la nascita di un partito alla sinistra della Spd, un evento storico per la storia della sinistra tedesca.

Ma andiamo per ordine. Nessuna delle coalizioni che si sono presentate alle urne ha una maggioranza da poter varare un governo. La partita che si è aperta ieri prevede quindi tempi lunghi e complicati. Innanzittutto chi sarà il cancelliere. La leader dei cristiano democratici, Merkel ha ribadito ieri il diritto del suo partito a formare un nuovo governo, annunciando colloqui esplorativi con tutti gli altri partiti. Esclusa dalle consultazioni la nuova sinistra di Oskar Lafontaine e Gregor Gysi.

Parlando ai giornalisti a Berlino al termine di una riunione del direttivo della Cdu, la Merkel ha sottolineato come la Cdu/Csu abbia ottenuto ieri 470 mila voti più della Spd, cosa questa che dimostrerebbe chiaramente il suo diritto a condurre i negoziati per il nuovo governo. «Insieme ai liberali Fdp – ha dichiarato – il vantaggio è di 1,2 milioni di voti rispetto alla coalizione uscente Spd-Verdi. Ciò costituisce un chiaro mandato per formare il governo».

Peccato che a sostenere la stessa posizione sia stato anche Gerhard Schroeder, che in mattinata aveva annunciato l’avvio di colloqui con tutti i partiti. Anche per il leader della Spd la Die. Linke è fuori dagli incontri.

L’esclusione dalle consultazioni non ha spento l’entusiasmo dei rappresentanti della nuova sinistra. Anzi si può dire che lo ha alimentato. Con l’8,7% sono la quarta forza parlamentare ed è in conseguenza di questo risultato che le due coalizioni non saranno più un grado di far avanzare le loro piattaforme politiche. E’ la prima volta dagli anni ‘50 che «una forza di sinistra ottiene un risultato di questa ampiezza nelle regioni della Germania occidentale», secondo il commento di Gregor Gysi. Il successo è arrivato grazie all’alleanza tra il partito della Pds di Bisky con Wasg, Alternativa elettorale per il lavoro e la giustizia sociale di Lafontaine che ha permesso di superare abbondantemente quella soglia del 5% necessaria per arrivare al Bundestag. «Siamo una grande forza di sinistra in Germania», ha commentato Oskar Lafontaine alla conferenza stampa di ieri. Ed ha promesso: «Faremo ballare il Bundestag».

A questo punto, esclusa una alleanza rosso-rosso-verde – l’unica che avrebbe potuto avere una logica politica ma che stando alle dichiarazioni appare impossibile – il nuovo governo tedesco potrebbe nascere dall’unione di forze che si sono date ferocemente battaglia nel corso della campagna elettorale.

Angela Merkel potrebbe mettere insieme un strano cocktail mai provato prima: la coalizione «Jamaica». Ovvero i gialli della Cdu-Csu, i neri liberali dell’Fdp e i Verdi di Fischer. Impossibile dire su che basi, quel che è certo che per gli ambientalisti si tratterebbe di un vero salto nel vuoto con prevedibili ripercussione sia all’interno del partito che negli elettori.

A indicare che l’ipotesi non sia totalmente campata in aria ci sono state tuttavia le dichiarazioni rilasciate da alcuni esponenti legati alla presidente del partito. Matematiche sarebbero le dimissioni di Fischer che abbandonerebbe la compagine verde. Nel frattempo è certo un invito nell’isola caraibica. L’ambasciatore della Giamaica in Germania, contento della pubblicitá indiretta che arriva in queste ore all’isola, ha dichiarato infatti che in caso di successo i membri del governo saranno ospitati a sue spese.

La coalizione «Semaforo» è un’altra ipotesi. E’ stata così soprannominata visti i colori dei partiti coinvolti: rosso, giallo e verde. Sotto la guida di Schroeder e di Fischer si troverebbero i liberali di Guido Westwelle. Ma stando alle dichiarazioni fatte ieri mattina i liberali hanno chiuso la porta a qualsiasi ipotesi di alleanza con Spd e Verdi. La Fdp, ha specificato che andrà al governo solo come alleata della Cdu di Angela Merkel. «Non siamo disposti a partecipare a una coalizione semaforo», ha detto il presidente Westerwelle.

Resta infine l’ipotesi che ha aleggiato tutti questi giorni: una «Grosse Koalition» che mette insieme Spd e Cdu. L’alleanza sulla carta risulterebbe fattibile in quanto giá percorsa in passato, l’ultima volta nel 1966, ma a renderla difficile sono le due personalitá che dovrebbero guidarla.

La Merkel è stata indebolita dal risultato elettorale e difficilmente raccoglierà il sostegno necessario all’interno del suo stesso partito per affrontare la formazione di un governo di delicati equilibri. Per Schroeder non sembrano esserci alternative, dopo la rimonta in campagna elettorale gettare la spugna ora equivarrebbe ad una sconfitta senza speranze. La possibile soluzione potrebbe essere la rinuncia di entrambi i contendenti, ma per questo bisognerà aspettare. Infatti la contesa elettorale non è per nulla finita.

Mancano all’appello infatti ancora 3 seggi. Quelli di Dresda dove si voterà il prossimo 2 ottobre per la morte di Kerstin Lorenz, candidata dell’estrema destra, prima delle elezioni. Si tratta di 219.492 elettori, pari allo 0,35% dell’intero corpo elettorale del paese (61,9 milioni), il cui voto potrebbe in teoria portare a una situazione di patta in termini di seggi fra i due grandi partiti Cdu/Csu e Spd.

La Cdu/Csu dispone infatti di un vantaggio di soli tre seggi sui socialdemocratici – 225 a 222 – tanti quanti sono quelli da assegnare a Dresda-1 (uno diretto con sistema uninominale e due col proporzionale di lista). Per il collegio uninominale, un sondaggio pubblicato dal settimanale «Bild am Sonntag», tra i 219 mila elettori il candidato della Cdu Andreas Laemmel sarebbe in testa con il 36% dei consensi, seguito dalla candidata del Partito della sinistra Katja Kipping con il 28%, in terza posizione Marlies Volkmer della Spd con il 23%.

Soddisfatti i sindacati, in prima linea la IgMetall che ha accolto il voto come un chiaro segnale da parte dei lavoratori contro le politiche neoliberiste promosse e annunciate dai candidati.

Delusi gli industriali e il grande capitale tedesco che si aspettavano una vittoria della Merkel e del suo programma neoliberista. Delusi soprattutto dal fatto che le riforme del mercato del lavoro annunciate e sbandierate dalla leader della Cdu non troveranno spazio, e sono altrettanto consci che quelle avanzate da Schroeder non potranno essere spinte oltre. E i segnali dei mercati sono stati immediati.

I timori che un’impasse danneggi le prospettive delle riforme su tassazione e mercato del lavoro nella maggiore economia d’Europa hanno fatto scendere l’euro dell’1% al livello più basso in sette settimane contro il dollaro, mentre la Borsa di Francoforte ha ceduto terreno.

Per trovare una soluzione al rebus c’è un tempo limite: il 18 ottobre, data entro cui dovrá iniziare a lavorare il Parlamento. Schroeder e Merkel permettendo. Simplifying fancy website creation for www.topspyingapps.com all the talk of flatter and minimal designs today, animation is still fully in vogue

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